Jack London, Il Rosso (The Red One),

in Racconti dello Yukon e dei mari del sud, Milano, Mondadori, 1989


L'opera di Jack London, in Italia, è ancora relegata nel limbo della letteratura per l'infanzia. Non ci sarebbe nulla di male, se fosse il suo posto. Ma non è così.
Si tratta di uno scrittore che si inserisce nel solco decostruzionista del mito americano della frontiera, visto come luogo dell'avventura e come metafora di successo, vittoria, affermazione dell'individuo e delle aspirazioni dell'individualità di massa. Narrare il sogno americano e poi subito svuotarlo, rovesciarlo, svelarne i caratteri illusori, mostrarne il volto nascosto. In ciò London ha precorso altri scrittori, normalmente più considerati: Dos Passos, Hemingway, Scott Fitzgerald, Salinger, Kerouac.
Un racconto emblematico in tal senso è Il Rosso (The Red One) scritto nel 1916 e pubblicato postumo nel 1918, 'racconto dei mari del Sud' che presenta una Melanesia infernale, miasmatica e velenosa, potente metafora di una civiltà che sprofonda nella malattia dopo aver creduto di poter dominare il mondo primitivo, soffocando insieme ad esso in un mortale abbraccio.

Le citazioni che compaiono nel testo sono tratte dalla bella traduzione di Sandro Roffeni, in Racconti dello Yukon e dei mari del Sud, Milano, Mondadori, 1989.


Bassett è uno scienziato, un naturalista, che decide di partire alla ricerca di una misteriosa fonte sonora che pare scaturire dall'interno della selvaggia isola di Guadalcanal, nell'arcipelago delle Salomone. Un suono affascinante "risonante come il tuono", "pastoso come una campana d'oro", "dolce e sottile come una tesa corda d'argento fatta vibrare" eppure "niente di tutto ciò, e neppure queste cose assieme". 

Insieme a un indigeno incivilito si addentra nella giungla dove viene assalito dai tagliatori di teste che uccidono il compagno e lo costringono a una penosissima fuga nella foresta stillante marciumi e malaria dove sciami di zanzare lo avvelenano e lo tormentano senza requie.
Il fucile da caccia, eponimo della sua presunta superiore civiltà, gli permette soltanto una momentanea salvezza fuori della giungla, per riparare presso una tribù dell'altopiano composta da "esseri scimmieschi, ghignanti e gracidanti", sotto la protezione di una disgustosa e innamorata boscimane, Balatta, e del sacerdote diavolo-diavolo Ngurn.
L'una attende con impazienza di potersi congiungere a lui non appena un certo tabù di Bassett (inventato lì per lì dallo sventurato per sottrarsi alle profferte) verrà a cadere; l'altro, con tranquilla sicurezza, aspetta il momento in cui il bianco, divorato dalle febbri, dovrà cedergli la testa: "Sei quasi un morto ormai. Diventerai meno forte. Tra non molti mesi ti avrò qui a girare e girare dentro al fumo. È piacevole, nei lunghi pomeriggi, far girare la testa di qualcuno che hai conosciuto così bene come io conosco te. E ti parlerò e ti rivelerò i numerosi segreti che vuoi conoscere. Non avrà più importanza, perché sarai morto".
Sì, perché nonostante la sua condizione Bassett non ha rinunciato alla speranza di conoscere il mistero del Rosso, come viene chiamato dagli indigeni, la divinità inconoscibile al di fuori della tribù senza pagare con la vita.
Soltanto a prezzo di un avvilente asservimento al cuore femminile di Balatta, Bassett riesce a giungere al cospetto del Rosso: "una sfera perfetta, più di sessanta metri di diametro" il cui "tono cromatico gli ricordava la lacca; anzi, era convinto che si trattasse di un tipo di lacca applicato dall'uomo, ma una lacca di una fattura così prodigiosa da non poter essere fabbricata dai boscimani. Più brillante di un rosso-ciliegia brillante, aveva una ricchezza di colore che suggeriva un rosso sovrapposto ad altro rosso. Sfavillava iridescente al sole come se i suoi bagliori sgorgassero da strati di rosso uno sopra l'altro".
"La gente dei tempi andati l'aveva chiamato a ragione il Nato dalle Stelle. Solo dalle stelle poteva essere provenuto... Era indubbiamente figlio di intelligenze remote e imperscrutabili, ma che lavoravano fisicamente i metalli. Lo fissò sbalordito, mulinando nel cervello una sarabanda di ipotesi che spiegassero questo gran viaggiatore che aveva sfidato la notte delo spazio, piroettando fra le stelle, e ora si levava davanti a lui e sopra di lui, esumato da pazienti antropofagi" che ne avevano fatto inevitabile oggetto di culto e al quale venivano tributati abbondanti sacrifici umani.
La qualità principale del Rosso è tuttavia la sua sonorità indescrivibile: i selvaggi avevano fabbricato un grande battente che permetteva di percuoterlo durante i sacrifici. Per poterlo udire una seconda volta Bassett non esiterà a offrire in anticipo la sua testa a Ngurn; e questi lo accontenterà.

Rapito nell'estasi della sonorità tonante "di una fulgida pienezza in cui risuonavano insieme tutti i metalli" e che parlava con la voce "degli arcangeli" carica "dell' intelligenza di superuomini abitanti pianeti d'altri soli", certo di trovarsi in presenza della "voce di Dio, seducente e imperiosa nell'esigere di essere ascoltata", Bassett deciderà di accettare rassegnato  il suo destino e mentre verrà sacrificato potrà quasi consolarsi con "la fugace visione della sua testa che girava lentamente, incessantemente girava, nella casa diavolo-diavolo accanto all'albero del pane".

(recensione di Alberto Natale)

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